La riforma fiscale sta iniziando a vedere la luce. Lo scorso 4 ottobre il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge delega per la revisione complessiva del sistema fiscale. La delega approvata dal governo, che parte dalle conclusioni presentate prima di quest’estate dell’indagine conoscitiva delle Commissioni parlamentari, si fonda su quattro pilastri: aumento dell’efficienza e riduzione del carico fiscale sul lavoro, quali condizioni essenziali per la crescita economica; semplificazione degli adempimenti ed eliminazione dei micro-tributi (con gettito irrilevante ma elevati costi di compliance); mantenimento della progressività del sistema nel suo complesso; riduzione dell’evasione e dell’elusione fiscale.
La delega è ambiziosa ma ormai improcrastinabile. Il contesto economico ha sperimentato cambiamenti di una intensità non paragonabile a quelli avvenuti nei secoli scorsi: basti pensare alla dimensione dei mercati, le strutture produttive, le nuove tecnologie, la mobilità dei fattori produttivi. Inoltre tutte le analisi macroeconomiche evidenziano che uno dei fattori che bloccano la nostra crescita economica è sicuramente il mal funzionamento del sistema fiscale, e ciò sia in termini di complessità sia in termini di carico impositivo (principalmente sul lavoro, ma anche sul capitale). E una imposizione elevata, come è noto, tende a scoraggiare la partecipazione al mercato del lavoro e il risparmio (con conseguenze negative in termini di crescita economica e accumulazione di capitale).
Del resto il recentissimo “International Tax Competitiveness Index 2021” ha classificato l’Italia come il Paese che ha il peggior sistema fiscale di tutti i Paese appartenenti all’OCSE. E non solo per la pressione fiscale (IRPEF, ma anche wealth tax, financial transaction tax e imposta sulle successioni e donazioni), ma anche a causa degli elevatissimi costi di compliance: si stima, infatti, che occorrono circa 169 ore al fine di adempiere gli obblighi fiscali (dove la media OCSE è invece di 66 ore).
Venendo agli elementi cardine della delega, il nuovo sistema delle imposte sui redditi dovrebbe orientarsi verso un sistema duale: progressività per i redditi da lavoro e imposizione sostitutiva con aliquota proporzionale (probabilmente pari al primo scaglione IRPEF) per i redditi derivanti dall’impiego di capitale, quali i redditi da immobili e i redditi di natura finanziaria. Quanto a questi ultimi non vi è attualmente nel disegno di legge delega uno specifico focus su quale potrà essere il modello di riforma del sistema di tassazione dei redditi finanziari. Peraltro, il riferimento della delega all’”armonizzazione dei regimi di tassazione del risparmio” unitamente alla volontà di uniformare le aliquote potrebbe far pensare ad un sistema di tassazione unitario dei redditi di capitale e diversi, che porterebbe a superare, almeno in parte, sia la attuale distinzione tra redditi di capitale e redditi diversi (che con la tassazione dei redditi di capitale al lordo e l’indeducibilità delle minusvalenze generano notevoli distorsioni e potrebbero incentivare comportamenti elusivi) sia i diversi regimi di tassazione (amministrato, gestito, etc..). Un intervento potrebbe inoltre riguardare anche la previdenza complementare: potrebbe essere opportuno uniformare il nostro sistema di tassazione a quelli vigenti in Europa al fine di accrescere la redditività degli investimenti e, in ultima analisi, un aumento della previdenza complementare.
Infine un ultimo tema: come evidenziato dalla conclusione dei lavori di indagine da parte delle Commissioni parlamentari, la riforma dovrebbe cogliere l’occasione anche per innestare in modo deciso un cambio di rotta nei rapporti Fisco- contribuenti. In quest’ambito sarebbe necessaria un’evoluzione culturale da ambo le parti, abbandonando i pregiudizi nei confronti della “controparte”: il cittadino non è un “evasore che ancora non è stato scoperto” (semi-cit), e al contempo … il contribuente … deve pienamente internalizzare il beneficio collettivo che deriva dal pagamento dei tributi, nella forma dell’erogazione di beni e servizi pubblici”.
*A cura di Stefano Massarotto,
Partner, Studio Legale Tributario Facchini Rossi Michelutti