Il mese di novembre si è caratterizzato per un aumento dell’incertezza del quadro politico europeo riconducibile principalmente al fallimento dei negoziati per la formazione del nuovo esecutivo tedesco. Lo stallo politico che si è creato ha indebolito Angela Merkel e l’ipotesi di una Germania alle prese con un’inusuale instabilità politica pesa anche sulle prospettive di rilanciare il processo di riforme dell’Unione Europea.
In questo contesto i listini europei hanno chiuso il periodo in leggera flessione, penalizzati inoltre da un Euro che resta forte nei confronti delle principali valute e dalle incertezze che ancora permangono circa la vigilanza europea sul patrimonio delle banche, anche se è stato prospettato un rinvio di qualche mese per l’entrata in vigore della nuova guidance BCE sui crediti deteriorati. Il listino peggiore si è rivelato Francoforte proprio a causa dell’impasse politico, con un ribasso di oltre il 3% nell’ultimo mese. La borsa tedesca resta comunque tra le migliori d’Europa da inizio anno (+13%) preceduta solo dalla piazza di Milano che si conferma la maglia rosa (+16%) grazie all’andamento positivo di tutto il comparto bancario, all’interno di un contesto nel quale è tornato un certo ottimismo circa la possibilità di arrivare all’implementazione di misure che possano agevolare la vendita dei NPL.
Tutto questo è avvenuto in un generale contesto di crescita moderata e inflazione sotto il livello target determinato dalle politiche monetarie delle principali banche mondiali. La Commissione Europea ha aumentato le previsioni di crescita del PIL per l’Eurozona da 1,7% al 2,2% per il 2017 (il tasso più alto da 10 anni) e da 1,8% a 2,1% per il 2018. L’inflazione sebbene mostri leggeri segnali di incremento si attesta a 1.5% ben sotto il target del 2% della BCE. Da Bruxelles arriva però anche un monito alle differenze significative tra gli Stati membri, alcuni dei quali continuano a registrare una notevole stasi nel mercato del lavoro. E’ evidenziata la necessità di politiche macroeconomiche orientate alla stabilità e riforme che stimolino la produttività e la capacità di adattamento ai cambiamenti e che garantiscano un’ampia redistribuzione dei benefici della crescita. Il Commissario per gli Affari economici e finanziari Pierre Moscovici ha evidenziato nel rafforzamento dell’euro e nel risultato delle trattive per la Brexit eventi di rischio con un impatto sullo sviluppo economico. Su quest’ultimo tema le ultime settimane hanno portato novità con il riconoscimento da parte della Gran Bretagna degli impegni economici verso l’Europa per un ammontare di circa 100 miliardi di euro di cui circa la metà potrebbero essere pagati.
Oltreoceano si è tenuto, invece, il primo discorso del futuro presidente della Fed Jerome Powell che come previsto è avvenuto all’insegna della continuità dell’operato di Janet Yellen ovvero incremento graduale dei tassi, normalizzazione del bilancio e perseguimento degli obiettivi dell’istituto centrale di stabilità dei prezzi e massima occupazione. Proprio su questo fronte però nell’ultimo mese sono pervenuti dati contraddittori con un aumento della richiesta dei sussidi rispetto alla media del mese precedente. In tema di riforme il Senato ha votato in modo favorevole con 51 voto contro 49 la propria versione della riforma fiscale. Qualche settimana prima una diversa versione era stata approvata dalla Camera. Prima che il testo definitivo possa esser depositato sul tavolo del presidente Trump per la firma sarà necessaria un’armonizzazione tra le due versioni. Le prime indiscrezioni evidenziano un pacchetto di riforme i cui principali benefici ricadranno sulle classi sociali più agiate e sulle piccole medie imprese che operano sul territorio americano. Oltre alla nota revisione degli scaglioni di tasse la riforma prevede l’eliminazione dell’obbligo di sottoscrizione di un’assicurazione sanitaria come prevista dall’Affordable Care Act di Obama (con la previsione di un aumento dei costi delle polizze nei prossimi anni) e l’introduzione di un massimale detraibile sugli interessi che penalizzerebbe le società indebitate con un impatto sul mercato delle obbligazioni corporate.
In questo contesto di moderazione si inseriscono eventi geopolitici caratterizzati da un alto fattore di destabilizzazione. Nei paesi arabi la politica dell’erede al trono Saudita Salman, che con un atto di anticorruzione ha ordinato l’arresto di alcuni membri della famiglia reale, ufficiali di governo e alcuni uomini d’affari di spicco, ha consolidato il suo potere e il suo programma Visione 30 di riforme progressiste. Tuttavia preoccupa l’escalation dei conflitti con lo Yemen, l’Iran e i contrasti con il Qatar.
Attenzione anche sul fronte asiatico con la ripresa di test missilistici da parte della Corea del Nord dopo giorni di pacifico silenzio Dura condanna dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu anche se non sono mancati riferimenti al perseguimento dell’opzione diplomatica.
Le incertezze in Arabia Saudita legate alle indagini anti-corruzione e le aspettative sull’esito del meeting annuale dell’Opec hanno mantenuto la loro forte influenza sul prezzo del petrolio. I prezzi del Brent hanno raggiunto il picco più alto da settembre 2015 sfiorando i 64 dollari al barile per poi riposizionarsi nella fascia 62-63 dollari al barile registrando un aumento da inizio novembre di circa il 4%. Il meeting di Vienna, a cui hanno partecipato anche 10 stati non Opec tra cui la Russia, si è concluso secondo le aspettative con l’estensione di ulteriori 9 mesi dell’accordo di riduzione della produzione e l’inclusione nel programma di Libia e Nigeria.
Poca volatilità per l’oro che è rimasto nella fascia più stretta da oltre 10 anni. La leggera ripresa di metà novembre, che comunque non ha superato quota 1300, è stata seguita da una flessione verso quota 1265 ritornando ai valori dello scorso agosto.
Sul mercato forex grande oscillazione per il cambio euro verso dollaro che da un minimo sotto 1.16 di inizio mese è tornato ai livelli estivi superando il livello di 1.19 per poi attestarsi intorno a quota 1.18. Motivo di tali repentini movimenti sono stati senza dubbio i positivi dati macroeconomici diffusi ma anche le speranze di formazione di un governo tedesco dopo l’apertura al dialogo da parte del partito socialdemocratico di Schulz.