Chiusura d’anno positiva per la maggior parte delle borse mondiali. L’indice mondiale ha registrato un apprezzamento del 23% trainato dalle ottime trimestrali delle compagnie americane e dai listini emergenti favoriti dal deprezzamento del dollaro.
Ingenti investimenti anche sui mercati europei che hanno ripagato gli investitori con buone performance. Il mercato italiano mostra nei primi giorni dell’anno la stessa dirompenza mostrata durante l’anno con un rendimento che supera già il 5% e gli investitori non sembrano mostrare preoccupazione per le prossime elezioni politiche che preannunciano già una campagna elettorale dal clima avvelenato.
In termini settoriali il 2017 è stato sicuramente l’anno delle società tecnologiche con l’indiche Nasdaq che è cresciuto di quasi il 30%, le incertezze estive con il timore di uno scoppio della bolla speculativa high tech è stata superata con un susseguirsi di continui raggiungimenti di massimi. Ottimi risultati anche dal settore Financial che in un contesto americano di rialzo dei tassi incorpora una maggiore redditività degli istituti bancari.
Sul fronte obbligazionario, invece, lo scorso dicembre come previsto dai mercati la Fed ha compiuto il terzo rialzo del 2017 portando così il tasso di riferimento nel range 1.25-1.50. Il Treasury a 2 anni in chiusura d’anno ha superato la soglia di 1.9% rafforzando il processo di appiattimento della curva dei tassi americana iniziato a settembre, quando la Fed ha avviato anche la riduzione del bilancio dell’istituto. Nell’ultima conferenza stampa Janet Yellen ha evidenziamo come il fattore inflazione, seppur in ripresa, abbia tuttora dei processi di comprensione imperfetti.
E sul tema dell’inflazione è tornato anche Mario Draghi che nell’ultimo riunione di fine anno, meeting in cui ha confermato i tassi di rifinanziamento e il pieno sostegno monetario, ha diffuso stime di inflazione in aumento seppur aggiungendo una nota di prudenza che evidenzia come le dinamiche di bassa inflazione non siano ancora superate.
A sorpresa la Banca del Giappone ha ridotto l‘importo degli acquisti di titoli di Stato nazionali, l’intervento che agli occhi degli operatori finanziari è risultato una prima dichiarazione di intervento restrittivo ha portato ad un incremento sulla parte corta della curva dei tassi governativi.
Spostandoci sulle materie prime il 2018 ha visto un Inizio d’anno in corsa per il petrolio che sembra puntare ai 70 $ al barile che, dopo i minimi raggiunti durante la scorsa estate sotto i livelli di 50 $ al barile, ha beneficiato degli accordi dei membri Opec e non di prolungare la riduzione di produzione e dai recenti dati diffusi dall’API hanno mostrato un calo delle scorte più ampio rispetto alle attese. I recenti record riportano ai livelli osservati a dicembre del 2015.
Rally di fine anno anche per l’oro che ha superato 1300 dollari l’oncia posizionandosi in modo stabile nei primi giorni dell’anno.
In termini di forex l’euro è stata la divisa che più si è apprezzata in riferimento al basket di valute estere, l’apprezzamento dell’euro verso il basket di valute di circa il 9% corrisponde specularmente al deprezzamento del dollaro verso il medesimo basket.
Nello specifico il cambio euro verso dollaro ha superato la soglia dei 1.20 per ritracciare nei primi giorni dell’anno.
La manovra della Banca Centrale giapponese ha prodotto un forte apprezzamento della valuta nipponica che dopo i massimi di inizio anno superiori a 135 si è riposizionato intorno ad un cambio verso euro intorno a 133.
In generale, rimane un contesto globale macroeconomico in cui dati attuali sono positivi e le previsioni appaiono in crescita: negli Stati Uniti Pil superiore al 3%, tasso di disoccupazione molto basso seppur in presenza di richieste di sussidi in leggero incremento nelle ultime settimane dell’anno, tasso di inflazione sopra il livello 2%. Eventi che hanno creato il substrato per una politica monetaria restrittiva caratterizzata da tre rialzi dei tassi seppur accompagnati da discorsi di prudenza da parte di Janet Yellen; il passaggio di consegne al nuovo presidente Powell è risultato meno tortuoso di quanto poteva apparire inizialmente, essendo ora molto allineati nella visione a breve medio periodo garantendo continuità di intenti.
Dati positivi anche in Europa che ha registrato una crescita del Pil del 2.6%, una crescita che però necessità di una equa distribuzione e di una revisione degli investimenti strutturali da parte delle singole nazioni affinché si mostri solida e duratura. La Germania si conferma locomotrice d’Europa con i recenti dati di import (+2.3%) e export (+4.1%) notevolmente sopra le attese.