Oltre alla tragedia soprattutto umanitaria, che in Europa non ha precedenti dai tempi della Seconda Guerra Mondiale, l’invasione russa dell’Ucraina sta portando con sé una serie di conseguenze sull’economia globale e sui mercati finanziari. Pur con tutti i distinguo del caso, legati alle molte trasformazioni avvenute nel corso dei decenni in ambito normativo, regolamentare, di interdipendenza tra i vari mercati, ripercorrere qual è stato in passato l’impatto delle guerre sui mercati finanziari può essere utile nel dare qualche indicazione agli investitori su quale può essere il corretto approccio per navigare questa fase difficile e complessa e proteggere i portafogli.
Numerosi studi delle crisi di mercato in periodo di guerra o di gravi crisi geopolitiche/ militari dalla Seconda Guerra Mondiale in poi dimostrano che la reazione dei mercati finanziari tende a essere sempre superiore all’impatto finale che si ha nell’economia reale, che storicamente le correzioni del mercato tendono a essere brevi, e vengono recuperate anche in tempi relativamente rapidi. Per fare solo un esempio, prendiamo il periodo successivo all’attacco giapponese a Pearl Harbor nel 1941, che segnò l’ingresso degli Stati Uniti nella Seconda Guerra Mondiale. Un mese dopo l’S&P 500 era sceso solo del 3,4%, 3 mesi dopo era sotto del 12,7%, ma a un anno di distanza aveva recuperato tutte le perdite. Considerando tutti i principali eventi geopolitici/militari da Pearl Harbor al 2003, anno dell’inizio della guerra in Iraq, la performance successiva dell’indice è stata in media sorprendentemente positiva; dopo 1 mese +1,3%, a 3 mesi +2,1%, a 6 mesi +5,5% e 12 mesi dopo +8,6%. Nel lungo periodo quindi comprare sul “picco della paura” ha sempre pagato. Per citare una delle massime più note di Sir John Templeton, “I mercati rialzisti nascono dal pessimismo, crescono nello scetticismo, maturano nell’ottimismo e muoiono nell’euforia”.
Questo non significa che i mercati siano cinici. Più semplicemente, si può forse affermare che il loro recupero dopo eventi geopolitici più o meno drammatici scontano la elementare convinzione che le crisi nel medio periodo siano destinate a risolversi.
E allora, se la storia ci insegna qualcosa, la prima regola da attuare quando ci sono i momenti di panico veri è quella di non fare assolutamente nulla. Il consiglio allora è quello di rimanere razionali, senza eccedere nell’essere troppo ottimisti né troppo pessimisti, adottando quell’approccio “fear and greed” (paura e avidità) che consente di non essere mai troppo esposti ad un determinato trend o moda di mercato, anche a costo di perdere qualche occasione. Tenendo sempre presente una regola aurea, formulata dall’economista Harry Markovitz negli anni ’90 ma sempre valida: è fondamentale avere sempre una asset allocation diversificata ed equilibrata, non mettendo tutte le uova in un unico paniere.